Premiato il Memoriale di Giuseppe da Prato
L'Arena del 06/10/2013
Premio al diario del conte degradato e rinobilitato
L'autobiografia dell'aristocratico tra Serenissima, Regno napoleonico e Austria: la sua ricca collezione di armi è ora a Castelvecchio
Giuseppe Da Prato narrò rivoluzione e restaurazione.
Ora il suo manoscritto è all'archivio fondato da Tutino
Un premio molto interessante è stato attribuito quest'anno alla memoria di Giuseppe Da Prato, un nobile veronese, nato a metà Settecento, cresciuto a Caldiero a Villa Da Prato, oggi censita fra le ville venete. Si tratta del premio speciale Saverio Tutino 2013 dell'Archivio diaristico nazionale, assegnato ex-aequo dalla commissione di lettura, nella sezione «ancien régime», a questo manoscritto, conservato dagli eredi nell'archivio di Villa Da Prato. Bisogna raccontare chi fu Giuseppe Da Prato e spiegare in che modo la sua casa sia collegata al Museo di Castelvecchio, in quanto donatrice di una pregiata collezioni d'armi. Ma, prima di tutto, va dedicata più di qualche parola a Saverio Tutino, personaggio noto e benemerito per la sua bella creazione: l'Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, da lui fondato nel 1984, da lui animato fino quasi alla morte, avvenuta nel novembre 2011, per raccogliervi gli scritti autobiografici degli italiani. Tutino lanciò poi il concorso per diari, che sin qui ha raccolto quasi diecimila scritti, a cominciare dal famoso lenzuolo di Clelia Marchi, che, conservato in una teca al Palazzo Pretorio, a Pieve Santo Stefano (Arezzo), è diventato simbolo dell'Archivio Diaristico Nazionale, che lì ha sede. Proprio a Pieve Santo Stefano è stato consegnato il premio agli eredi Da Prato, Paolo e Silvia Fiorini, gli attuali proprietari della Villa Da Prato, uno degli edifici più significativi di Caldiero, centro di attività culturali ed eventi (www.villadaprato.it). Il racconto che segue viene direttamente dalla loro voce, grazie al loro desiderio di richiamare l'attenzione degli studiosi sull'archivio e sulla villa stessa, motivo che li ha spinti a inviare il manoscritto autografo di Giuseppe Da Prato al concorso. Cosa contengono, dunque, queste 33 pagine scritte di getto, con correzioni e ripensamenti, rimaste in mostra per i tre giorni del premio, assieme ad altri documenti dell'archivio Da Prato? Giuseppe Da Prato nel diario ripercorre le tappe salienti della sua giovinezza: la nascita a Verona nel 1757, nella contrada di San Donato alla Colomba, dalla contessa Cristina Sagramoso e da Luigi Orazio Da Prato, l'esondazione dell'Adige del 1757 in cui rischiò di perdere la vita abbandonato dalla balia, l'altro pericolo di vita corso «nel brolo della famiglia a Caldier», la chiamata nella paggeria (l'accademia per diventare paggi di una casa regnante) di Sua Altezza Serenissima il principe Giuseppe d'Assia Darmstadt, principe vescovo d'Augusta, la morte e i funerali di quest'ultimo, a cui successe sua Altezza Reale Clemente Venceslao, principe di Polonia, duca di Sassonia, la vita della paggeria, con le sue rivalità, l'amore ricambiato ma infelice per Josepha, la figlia minore del Borgomastro di Augusta e infine il ritorno in patria, a 19 anni nel 1776, e la nomina a ciambellano di S.A.R. Clemente Venceslao. Giuseppe Da Prato confida i suoi sentimenti e racconta il suo vissuto così singolare: fu testimone privilegiato di un periodo storico tumultuoso, che vide la transizione dalla Serenissima al napoleonico Regno d'Italia, e infine al regno Lombardo Veneto, e per lui stesso il passaggio da conte a semplice cittadino e poi di nuovo conte con la Restaurazione. Alcuni, tra i personaggi citati nel diario, sono rappresentanti della nobiltà veronese, da Gerolamo Da Prato, prevosto dei Filippini e zio dello scrivente, ad Antonio Perez, alla contessa Verità... Arturo, ultimo dei conti Da Prato, che fu tra l'altro sindaco di Caldiero, è deceduto nel 1911. La vedova Eloisa Da Prato ha destinato la proprietà a opere benefiche, a eccezione della villa in cui risiedeva e a cui era molto affezionata, che lasciò a Gianmaria Fiorini, genitore degli attuali proprietari. Ed ecco il filo indissolubile che lega il Museo di Castelvecchio ai Da Prato. Nel 1947 la contessa Eloisa Monti Da Prato, senza diretti discendenti, dal suo «eremo caldierese, luogo di tranquillità e di pace» donò al museo un nucleo consistente di quella che rappresenta oggi la splendida collezione di armi bianche parzialmente esposta a Castelvecchio dal 1989: 108 pezzi di ottima fattura, 77 dei quali nella sala delle armi. Alcuni esemplari della collezione sono stati presentati al pubblico in occasione della mostra «L'onore delle armi» del 2001 -2002 a cura di Paola Marini e Denise Modenesi. Tra i ritratti di gentiluomini in armatura spiccava quello di un giovanetto impettito in abiti di corte settecenteschi. Si trattava di Giuseppe Da Prato, il protagonista della Memoria premiata, iniziatore della collezione di armi, allora sedicenne, ritratto nelle vesti di paggio da camera del principe Clemente Venceslao. Tout se tient, dunque, nel nome e per merito della memoria, come si legge nel programma del Premio Pieve Saverio Tutino: la memoria non è in crisi. La politica è in crisi, la società è in crisi. La memoria, no, non è in crisi. La memoria è un bene rifugio, uno di quelli che mantengono sempre il loro valore e lo accrescono persino, quando le cose vanno male.
Paola Altichieri Donella
L'autobiografia dell'aristocratico tra Serenissima, Regno napoleonico e Austria: la sua ricca collezione di armi è ora a Castelvecchio
Giuseppe Da Prato narrò rivoluzione e restaurazione.
Ora il suo manoscritto è all'archivio fondato da Tutino
Un premio molto interessante è stato attribuito quest'anno alla memoria di Giuseppe Da Prato, un nobile veronese, nato a metà Settecento, cresciuto a Caldiero a Villa Da Prato, oggi censita fra le ville venete. Si tratta del premio speciale Saverio Tutino 2013 dell'Archivio diaristico nazionale, assegnato ex-aequo dalla commissione di lettura, nella sezione «ancien régime», a questo manoscritto, conservato dagli eredi nell'archivio di Villa Da Prato. Bisogna raccontare chi fu Giuseppe Da Prato e spiegare in che modo la sua casa sia collegata al Museo di Castelvecchio, in quanto donatrice di una pregiata collezioni d'armi. Ma, prima di tutto, va dedicata più di qualche parola a Saverio Tutino, personaggio noto e benemerito per la sua bella creazione: l'Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, da lui fondato nel 1984, da lui animato fino quasi alla morte, avvenuta nel novembre 2011, per raccogliervi gli scritti autobiografici degli italiani. Tutino lanciò poi il concorso per diari, che sin qui ha raccolto quasi diecimila scritti, a cominciare dal famoso lenzuolo di Clelia Marchi, che, conservato in una teca al Palazzo Pretorio, a Pieve Santo Stefano (Arezzo), è diventato simbolo dell'Archivio Diaristico Nazionale, che lì ha sede. Proprio a Pieve Santo Stefano è stato consegnato il premio agli eredi Da Prato, Paolo e Silvia Fiorini, gli attuali proprietari della Villa Da Prato, uno degli edifici più significativi di Caldiero, centro di attività culturali ed eventi (www.villadaprato.it). Il racconto che segue viene direttamente dalla loro voce, grazie al loro desiderio di richiamare l'attenzione degli studiosi sull'archivio e sulla villa stessa, motivo che li ha spinti a inviare il manoscritto autografo di Giuseppe Da Prato al concorso. Cosa contengono, dunque, queste 33 pagine scritte di getto, con correzioni e ripensamenti, rimaste in mostra per i tre giorni del premio, assieme ad altri documenti dell'archivio Da Prato? Giuseppe Da Prato nel diario ripercorre le tappe salienti della sua giovinezza: la nascita a Verona nel 1757, nella contrada di San Donato alla Colomba, dalla contessa Cristina Sagramoso e da Luigi Orazio Da Prato, l'esondazione dell'Adige del 1757 in cui rischiò di perdere la vita abbandonato dalla balia, l'altro pericolo di vita corso «nel brolo della famiglia a Caldier», la chiamata nella paggeria (l'accademia per diventare paggi di una casa regnante) di Sua Altezza Serenissima il principe Giuseppe d'Assia Darmstadt, principe vescovo d'Augusta, la morte e i funerali di quest'ultimo, a cui successe sua Altezza Reale Clemente Venceslao, principe di Polonia, duca di Sassonia, la vita della paggeria, con le sue rivalità, l'amore ricambiato ma infelice per Josepha, la figlia minore del Borgomastro di Augusta e infine il ritorno in patria, a 19 anni nel 1776, e la nomina a ciambellano di S.A.R. Clemente Venceslao. Giuseppe Da Prato confida i suoi sentimenti e racconta il suo vissuto così singolare: fu testimone privilegiato di un periodo storico tumultuoso, che vide la transizione dalla Serenissima al napoleonico Regno d'Italia, e infine al regno Lombardo Veneto, e per lui stesso il passaggio da conte a semplice cittadino e poi di nuovo conte con la Restaurazione. Alcuni, tra i personaggi citati nel diario, sono rappresentanti della nobiltà veronese, da Gerolamo Da Prato, prevosto dei Filippini e zio dello scrivente, ad Antonio Perez, alla contessa Verità... Arturo, ultimo dei conti Da Prato, che fu tra l'altro sindaco di Caldiero, è deceduto nel 1911. La vedova Eloisa Da Prato ha destinato la proprietà a opere benefiche, a eccezione della villa in cui risiedeva e a cui era molto affezionata, che lasciò a Gianmaria Fiorini, genitore degli attuali proprietari. Ed ecco il filo indissolubile che lega il Museo di Castelvecchio ai Da Prato. Nel 1947 la contessa Eloisa Monti Da Prato, senza diretti discendenti, dal suo «eremo caldierese, luogo di tranquillità e di pace» donò al museo un nucleo consistente di quella che rappresenta oggi la splendida collezione di armi bianche parzialmente esposta a Castelvecchio dal 1989: 108 pezzi di ottima fattura, 77 dei quali nella sala delle armi. Alcuni esemplari della collezione sono stati presentati al pubblico in occasione della mostra «L'onore delle armi» del 2001 -2002 a cura di Paola Marini e Denise Modenesi. Tra i ritratti di gentiluomini in armatura spiccava quello di un giovanetto impettito in abiti di corte settecenteschi. Si trattava di Giuseppe Da Prato, il protagonista della Memoria premiata, iniziatore della collezione di armi, allora sedicenne, ritratto nelle vesti di paggio da camera del principe Clemente Venceslao. Tout se tient, dunque, nel nome e per merito della memoria, come si legge nel programma del Premio Pieve Saverio Tutino: la memoria non è in crisi. La politica è in crisi, la società è in crisi. La memoria, no, non è in crisi. La memoria è un bene rifugio, uno di quelli che mantengono sempre il loro valore e lo accrescono persino, quando le cose vanno male.
Paola Altichieri Donella